venerdì 5 dicembre 2014

BASTA TASSE


Care amiche, cari amici,
come sapete stiamo attraversando una situazione economica gravissima.
Sempre più italiani sono preoccupati per il timore di non poter mantenere il loro benessere.
La disoccupazione non è mai stata così alta, un giovane su due non riesce a trovare lavoro, la pressione fiscale ha raggiunto un livello mai toccato prima, molte aziende chiudono e quelle che resistono fanno sempre più fatica, sono sempre di più le famiglie che non arrivano alla fine del mese.
Da questa situazione non si esce senza una decisa inversione rispetto alla strada della politica economica seguita finora dagli ultimi governi.
La direzione da prendere si può riassumere in tre punti:
Primo: meno tasse
Secondo: meno tasse
Terzo: meno tasse.
Meno tasse sulla casa, meno tasse su chi lavora, meno tasse sulle imprese.
Quello che proponiamo è una rivoluzione del nostro sistema fiscale, che così com’è oggi sottrae agli italiani più della metà dei frutti della loro fatica.
La nostra è una proposta semplice, chiara, comprensibile a tutti e facile da applicare.
Vogliamo cancellare il complicatissimo sistema attuale di aliquote differenti, di deduzioni, di detrazioni e sostituirlo con un’aliquota unica del 20%.
In altre parole, ogni italiano - persona e azienda - pagherà il 20% di quello che guadagna, non un euro di più, non un euro di meno.
E’ la Flat Tax, la tassazione piatta che avevo già proposto con il professor Martino nel 1994 ma che mai ci era stato permesso, dagli alleati e dall’opposizione, di realizzare.
Da allora 38 paesi l’hanno adottata tutti con ottimi risultati.
Il primo Hong-Kong e poi proprio nel 1994 Estonia, Lituania, Lettonia, ecc.
Perché proprio il 20%?
Perché abbiamo calcolato che così non sarà messo in pericolo l’equilibrio dei conti pubblici, e quindi l’Europa non potrà sollevare obiezione alcuna.
Non solo:
abbiamo previsto per i pensionati e per chi guadagna meno una "No Tax area" per i primi 13.000 euro di reddito annuo.
Questo significa che chi guadagna al di sotto di 13.000 euro l’anno non pagherà nessuna tassa, chi ne guadagna per esempio 15.000 pagherà le tasse solo su 2000 e così via.
Viene rispettato così il principio di progressività stabilito dalla Costituzione, ma anche dal buon senso, per il quale i più ricchi pagano di più, non solo in cifra assoluta, ma anche in percentuale al loro reddito.
Perché abbiamo fissato il limite proprio a 13.000 euro?
Perché vogliamo alzare a 1.000 euro al mese le pensioni minime, quindi 13.000 euro all’anno compresa la tredicesima, e vogliamo che questi pensionati non paghino alcuna imposta.
Vengo ai vantaggi pratici per gli italiani.
Il primo e più importante vantaggio, è che la gran parte degli italiani pagherà meno di quel che paga adesso.
E soprattutto chi crea ricchezza, chi crea lavoro, chi investe non sarà più scoraggiato a farlo da una imposizione fiscale troppo alta.
Poi, la semplicità.
Con la Flat Tax ognuno potrà fare la dichiarazione dei redditi da solo, facilmente, senza timore di sbagliare.
Infine, e soprattutto, meno evasione fiscale e meno elusione.
E' così in tutti i Paesi che hanno adottato la Flat Tax.
Con un’aliquota bassa e un sistema semplice è molto più difficile sfuggire alla giusta imposizione fiscale, perché non ci sono scappatoie, e al tempo stesso conviene meno, molto meno, tentare di evadere, di fare i furbi.
Questa è la Flat Tax, la tassa piatta uguale per tutti, una proposta concreta, efficace, sperimentata, che nei prossimi giorni presenteremo in Parlamento insieme a molte altre misure per il rilancio dell'economia, come ad esempio la non tassazione sulla compravendita di immobili per almeno sei mesi, una moneta nazionale da affiancare all'euro e un aumento del limite della spesa in contanti sino a ottomila euro come negli Stati Uniti.
Resteranno così più soldi nelle tasche degli italiani.
Mi permetto di ricordarvi che nel 2011, con il nostro governo costretto poi alle dimissioni a causa di un vero e proprio colpo di stato, stavamo tutti molto meglio.
Con i tre governi della sinistra negli ultimi tre anni la disocupazione che con noi era all'8,4% è arrivata al 13,3%, con un milione e centomila posti di lavoro in meno;
i consumi delle famiglie sono scesi del 10,7% con 78 miliardi di euro spesi in meno dal 2011; il valore degli immobili è diminuito almeno del 25%.
Eccellenti risultati.
Con tanti complimenti ai signori Monti, Letta e Renzi e a tutti i loro validissimi collaboratori.

giovedì 4 dicembre 2014

INTERVISTA IMPORTANTE AL PRESIDENTE BERLUSCONI






Forzasilvio.it

Caro Giorgio, ecco per te il testo della mia intervista all'Huffington Post. Buona lettura.
Silvio Berlusconi scherza, appena ci salutiamo: “Oh, ecco il compagno... Voi dell’Huffington siete critici su Renzi... ”. Palazzo Grazioli, mi riceve nel suo studio. Un bicchiere di “falso amaro” sulla scrivania e un blocco su cui annota appunti, è assai poco appassionato al conflitto interno al centrodestra: “Teatrino”. E ancor meno alla questione delle primarie, su cui si dice contrario. È sul Great Game del Quirinale che però sfoggia il sorriso del Grande Seduttore. Sul punto cruciale della conversazione, la zampata: “Da Renzi mi aspetto un percorso di condivisione che consenta al paese di avere un capo dello Stato che non sia espressione solo della sinistra, come è stato con gli ultimi presidenti, ma sia una figura di garanzia per tutti gli italiani”. Non espressione della sinistra significa che dall’elenco va depennato non solo Prodi, ma tutti i segretari del Pd: Veltroni, Franceschini, Bersani.
In cambio, sulla legge elettorale il Cavaliere non alza le barricate. Anzi, taglia corto sulla proposta di Renzi sui tempi e sulla cosiddetta clausola di salvaguardia, ovvero che la nuova legge elettorale entri in vigore nel 2016: “Non mi sembra francamente una questione rilevante. Prima o dopo l’importante è che si realizzi una buona legge che non penalizzi nessuna delle parti in causa”.
Suona come un richiamo al Patto del Nazareno che Renzi deve rispettare tutto il ragionamento di Berlusconi. Il premier, nel corso della trasmissione di Enrico Mentana, ha detto: “Il Quirinale non è nel Nazareno”. E non ha escluso, per il Quirinale, nessun nome neanche quelli già bocciati la volta scorsa. Per Berlusconi la successione al Colle “condivisa” è invece l’esito di un percorso che il Cavaliere definisce “naturale” nel Patto del Nazareno. E della disponibilità a fare le riforme: “È evidente – dice - che i due temi (Colle e riforme, ndr), poiché fanno entrambi parte delle regole e delle garanzie, non possono che andare di pari passo”. Già, "evidente".
Nel corso dell’oretta passata nel suo studio, lo trovo assai poco innamorato di Renzi. Anzi, lo punzecchia proprio sul rapporto col popolo, con la gente: “L’astensionismo non è secondario. È un segnale per il governo”. Si percepisce che ha voglia di sfidarlo. Un’ultima battaglia, per dimostrare che è, ancora, Silvio Berlusconi. Pesa l’anno di restrizioni, di limitazione nella libertà di movimento. Proprio solleticato su questo esce il vecchio leone. Smette di prendere appunti: “Quando sarà, sarò in campo contro Renzi”. Il ruolo, da candidato o da leader, dipende dalla questione dell’agibilità politica: “Sono certo – dice - che riavrò l’onore perduto”. Ma, parlando del suo “popolo”, quasi commosso lascia capire che non ha alcuna intenzione di dismettere i panni da leader del centrodestra.
Presidente Berlusconi, partiamo dal futuro del centrodestra, da quella che appare una “frantumazione” dello schieramento per come l’abbiamo conosciuto negli ultimi vent’anni.
(Berlusconi è alla sua scrivania, a Palazzo Grazioli. Mentre risponde, ha una penna in mano, e davanti un blocco di fogli. Ogni tanto, mentre parla, annota qualcosa, come se raccogliesse in uno schema i suoi stessi ragionamenti).
Dobbiamo fare ancora un passo indietro: il centrodestra in Italia, come realtà politica, non è mai esistito, almeno dall’epoca pre-fascista. Solo con la mia discesa in campo nel 1994 è diventato un soggetto maggioritario nel paese. Questo non perché prima non esistesse un “sentire comune” moderato, ma perché i partiti chiamati a interpretarlo avevano progetti diversi o erano ininfluenti. I moderati, da maggioranza nel paese, sono diventati per la prima volta con noi anche una maggioranza politica. Molti si attendevano che questo consentisse una trasformazione radicale dell’Italia. Anch’io lo avrei voluto, ma non è stato possibile per diverse ragioni: perché negli ultimi vent’anni noi abbiamo governato per meno della metà, e perché quando abbiamo governato le regole istituzionali, gli egoismi di alcuni alleati minori, le forti resistenze della burocrazia e del sindacato lo hanno reso impossibile. Di conseguenza noi abbiamo fatto grandi riforme liberali, ma “la grande rivoluzione liberale” a cui io puntavo è rimasta incompiuta.
E questo è il passato. Ora però il centrodestra pare frantumato...
Di fronte a quello che le ho illustrato, è successo che una parte dei nostri elettori, delusa, si è rifugiata nell’astensione, mentre alcuni protagonisti politici, da Alfano a Salvini, hanno pensato che potesse essere venuto il loro turno. Ne sarei lieto, come ne sarei stato contento nel 1994 se Segni e Bossi, Martinazzoli e Fini si fossero messi d’accordo senza bisogno del mio intervento. Io non ho mai sofferto di ambizioni politiche né allora né oggi. Ma ancora oggi come allora non vedo nessun altro che possa esercitare una leadership in grado di unificare il mondo del centro-destra.

Lei dice che riunire il centrodestra da Alfano a Salvini, ma ormai è chiaro, a leggere le dichiarazioni, che i due sono incompatibili. Uno è al governo, uno all’opposizione, uno mette il veto sull’altro. Lei che nel ’94 chiamò a raccolta tutti gli italiani alternativi alla sinistra in nome del suo carisma inventandosi una coalizione, che schema ha in mente e con chi?
(Sorride e scuote il capo). Purtroppo i politici italiani non riescono a fare a meno dei tatticismi. Pensano, sollevando barricate, di alzare il prezzo in una trattativa che, prima o poi, è inevitabile, se non vogliono condannare se stessi e tutta l’Italia di centro-destra ad essere minoritaria per sempre. È il teatrino della politica, proprio quello di cui gli italiani, i moderati in particolare, sono sempre più disgustati e indotti a rifugiarsi nell’astensione.
E quindi?
E quindi occorre la pazienza e la volontà di non perdere mai di vista l’obiettivo che si ha davanti. Nonostante i veti reciproci, Lega ed Ncd governano insieme regioni importanti come la Lombardia e il Veneto, che tra l’altro è prossimo alle elezioni, e tante amministrazioni locali. Vuol dire che questa presunta incompatibilità non è poi così definitiva. D’altronde fra pochi mesi in Veneto si vota: non mi risulta che Lega e Ncd abbiano deciso di perdere.
Ma davvero pensa che il calo di consensi sia solo dovuto alla litigiosità o si è rotto qualcosa col paese?
I moderati, tutti i sondaggi e le ricerche lo confermano, sono e restano la maggioranza degli italiani. A tenerli lontani dalle urne sono diversi motivi. Sono delusi da questa politica e da questi politici che profittano dei soldi pubblici, che non trovano soluzioni concrete ai loro problemi, che si perdono in litigi e liturgie incomprensibili. Poi c’è una forte preoccupazione per il proprio futuro, c’è la paura di dover perdere il proprio benessere, il proprio lavoro, la paura di non trovare un lavoro per i propri figli. E poi…
E poi?
(Ora Berlusconi pare rabbuiarsi, fin qui è stato sorridente e cordiale. Diventa cupo. E cambia il tono di voce). Poi c’è la questione che tutti voi dei media avete messo da parte come se non esistesse, come se in Italia fosse tutto normale. Noi siamo in una condizione pericolosa e inaccettabile di democrazia sospesa. Una condizione nella quale il leader di uno dei due schieramenti in campo non può fare campagna elettorale, non può muoversi sul territorio nazionale, non può stare in mezzo alla gente, non può neppure dire quello che pensa, è privato del suo diritto di voto, del diritto ad essere votato, è privato della sua libertà. Una situazione che non ha precedenti nella storia della nostra democrazia.

Ci arriviamo. Prima però un’ultima domanda sul tema. Dentro e fuori il suo partito, da Salvini a Fitto, le dicono: per rifondare il centrodestra “agonizzante” servono le primarie, una sorta di rianimazione, di ossigeno democratico. In fondo a sinistra hanno funzionato, Renzi da quel meccanismo è uscito...
Non è il meccanismo elettorale a far nascere i leaders. I leaders o ci sono o non ci sono. Renzi sarebbe emerso anche senza primarie. È stato abile nell’utilizzarle, certamente, ma non è un prodotto delle primarie. Dalle primarie sono usciti i peggiori esempi di amministratori della sinistra, come Pisapia, Marino, Doria, De Magistris… Una serie di pessimi sindaci che stanno portando allo sfascio le maggiori città italiane. Io sono convinto che le primarie siano un pessimo strumento per la scelta dei candidati leaders. Penso che ogni movimento politico debba proporsi ai cittadini presentando i suoi programmi e i suoi candidati. Se vi convincono, votateli. Questo è il linguaggio dell’onestà e della chiarezza in virtù del quale i moderati italiani da vent’anni hanno scelto e ancora scelgono, senza bisogno delle primarie, un leader del centro-destra che si chiama Berlusconi.
E lei a Fitto che dice: “falla finita, o dentro o fuori”...
Siete speciali: uno vi riferisce un pettegolezzo, oltretutto sbagliato, e tutti lo riprendete, lo commentate e lo rilanciate fino a farlo diventare una apparente verità. Lei mi conosce da tempo: crede davvero possibile che io tratti così qualcuno? La verità è che in trent’anni di imprese e in vent’anni di politica io non ho mai cacciato nessuno. Forse è stato un errore, in qualche caso avrei dovuto farlo, ma, francamente, non ne sono capace.
Diciamoci la verità, questo controcanto le ricorda un po’ Fini o Alfano.
(Ride). Visto l’esito, credo che nessuno abbia la tentazione di imitarli.
Non so lei, ma io sono rimasto molto colpito dall’astensionismo alle regionali. È un fenomeno secondario come dice Renzi?
No, quello uscito dalle urne dell’Emilia Romagna è un segnale molto grave.
È anche un segnale per Renzi e per il governo?
È un segnale per il governo, certamente, che dimostra che una parte importante del Pd, non solo fra i dirigenti, ma anche fra gli elettori, non è d’accordo con quel che è ora il partito che hanno sempre votato.
Sbaglio o è un po’ deluso dal premier?
Renzi ha molte qualità. È giovane, è dinamico, è un formidabile comunicatore. Ha anche il vantaggio di avere una discreta dose di cattiveria che a me, per esempio, manca del tutto. Vedremo cosa sarà capace di realizzare.
Presidente, la seguo da anni e se ho una certezza è che lei è un combattente. Sa cosa penso? Penso che nella sua testa frulla un ragionamento così: vabbè, Renzi è bravo, bravissimo, il migliore dei suoi, però ha pure incrociato il momento di mia massima difficoltà, politica, giudiziaria, pure di libertà dei movimenti. Se avessi la possibilità di fare il Berlusconi vero, di andare in giro per l’Italia, di abbracciare le persone, di andare in televisione, glielo farei vedere io a questo baldo giovane che prima mi stringe la mano e poi cambia idea 8 volte sulle riforme chi è Silvio Berlusconi. Dica la verità, l’idea di una campagna elettorale contro Renzi, quando sarà, le piace assai.
Si è già dato la risposta da solo. Aggiungo solo una cosa.
Prego.
Io sono certo, certissimo (scandisce, guardandomi fisso negli occhi, ndr), che presto sarà l’Europa a restituirmi quell’onore e quei diritti politici che mi sono stati incredibilmente e inaccettabilmente sottratti. E allora sarò in campo, a tempo pieno, per vincere. Ma già da oggi il silenzio è finito. Ho taciuto fin troppo per senso di responsabilità verso il paese in un momento difficile. Ma oggi, se tacessi ancora, sarebbe, al contrario, un gesto di irresponsabilità, verso di me, verso la mia storia, verso chi mi ha sempre dato fiducia, verso tutti gli italiani. (Berlusconi ha fatto ricorso alla Corte Europea dei Diritti dell’uomo contro la sentenza della Cassazione che lo ha condannato per frode fiscale. Si riferisce alla sentenza della corte europea quando parla di Europa, ndr).
Esclude, quando sarà, di essere lei colui che guida la sfida a Renzi come leader del centrodestra?
Non lo escludo. L’unica cosa che invece escludo è di non essere in campo. Se poi ci sarò come attaccante o come regista, dipenderà da molti fattori oggi difficili da prevedere.
Se fosse premier, che farebbe nei primi cento giorni? L’Italia è il paese che amo. E quindi all’Italia dico...
…dico che senza una svolta radicale dalla crisi non si esce. Svolta radicale significa soprattutto una cosa: lasciare più soldi nelle tasche degli italiani, riducendo una volta per tutte i costi dello Stato e le tasse sulle famiglie e sulle imprese. Meno tasse significa più consumi e più investimenti, quindi più lavoro e più utili per le aziende, quindi più occupazione, a favore proprio delle categorie più deboli, come i giovani e le donne, ma anche delle persone di mezza età espulse dal mercato del lavoro e che oggi non riescono a ritrovare un’occupazione e sono ancora lontane dalla pensione. È uno dei nuovi drammi sociali, perché spesso sono padri e madri con figli a carico.
Dunque i provvedimenti che varerebbe?
Introdurremo la “flat tax”, quella che ormai funziona benissimo in trentotto Paesi e che mi convince dal 1994. Quella che i miei alleati non hanno mai condiviso, una rivoluzione totale del nostro sistema impositivo, basato sull’aliquota unica per tutti, un’aliquota del 20 per cento e dunque molto inferiore alle attuali, e una “no tax area” al di sotto di un certo reddito. I paesi dell’Europa dell’est, tra i tanti che hanno introdotto questo sistema di tassazione negli ultimi anni, hanno conosciuto spettacolari passi in avanti. L’altra cosa essenziale da fare subito è occuparsi degli anziani. Nessuno oggi può vivere dignitosamente con meno di 1000 euro al mese. Per questo aumenteremo immediatamente le pensioni minime, fino a quella cifra. E anche questo avrà un effetto positivo sui consumi, sul lavoro, sulle imprese.
Presidente, sta usando i verbi al futuro. Non sta raccontando quello che farebbe se tornasse al governo, ci racconta quella che farà.
(Sorride) Esatto.
E ciò che non rifarebbe? Qualche errore ci sarà nella passata esperienza...
Senza dubbio. Aver accettato una continua mediazione con chi remava contro all’azione del governo. Per carattere tendo a fidarmi delle persone, a credere che siano sempre in buona fede. Farò forza sul mio carattere, non ripeterò questi errori.
Ora però c’è la questione del successore di Napolitano. Non sono così ingenuo da chiederle un nome ora. Però vorrei provare a capire qualcosa. Quale metodo si aspetta da Renzi? Una “rosa” con nomi non ostili?
Mi aspetto un percorso di condivisione il quale, al di là delle procedure che si seguiranno, consenta a questo Paese di avere un Presidente della Repubblica che non sia solo espressione della sinistra, come è stato con gli ultimi presidenti, ma sia una figura di massima garanzia e di rappresentanza di tutti gli italiani.
Un nome condiviso, dunque.
Sono convinto che ci arriveremo, nel quadro di quella collaborazione istituzionale, che è diversa dalla convergenza politica, che si è avviata con il Pd sulle riforme. È evidente che i due temi, poiché fanno entrambi parte delle regole e delle garanzie, non possono che andare di pari passo.
È “evidente”, dice lei. E dal nuovo capo dello Stato si aspetta maggiore sensibilità di quella mostrata da Napolitano sulla sua “agibilità politica” così può tornare candidabile?
Non pongo condizioni, non tratto su quello che considero un mio, un nostro ineludibile diritto. Sono tuttavia convinto che l’Europa risolverà il problema prima del nuovo capo dello Stato.
A proposito di legge elettorale. Le chiederei una parola chiara. Lei aveva detto: prima il Quirinale, poi si vota la legge elettorale. Renzi le ha risposto: “Non dà le carte Berlusconi”. Vuole votarla prima del prossimo capo dello Stato, però offre come clausola di salvaguardia che entrerà in vigore nel 2016.
Non mi sembra francamente una questione rilevante. Prima o dopo l’importante è che si realizzi una buona legge che non penalizzi nessuna delle parti in causa.
Sempre sul Nazareno. Ma perché è così importante per le sue aziende? A leggere le interviste di Ennio Doris viene il sospetto che ci sia un nesso tra tutela delle aziende e Nazareno.
(Sbuffa, evidentemente infastidito) Rovesciamo per un attimo le parti e mi spieghi lei una cosa. Che vantaggio potrebbero mai avere quelle che lei chiama le mie aziende, da Renzi? Mediaset è una grande azienda culturale e di informazione, è quotata in borsa con decine di migliaia di azionisti che ne detengono il 60 per cento, dà lavoro a migliaia di persone e ha operato sotto i governi più diversi. Si rende conto che questa domanda presupporrebbe l’esistenza di una sorta di possibile ricatto da parte del presidente del Consiglio ai danni di una delle principali aziende italiane? Le pare accettabile una cosa del genere? Comunque, non arrivo davvero ad individuare cosa potrebbe fare il governo per le aziende che ho fondato. Forse dovrebbe fare una sola cosa: far ripartire l’economia e quindi anche il mercato pubblicitario, del quale tutti i media vivono. Questo sarebbe il bene del paese, non solo di Mediaset.
Presidente, concludiamo con una nota personale. Rispetto all’ultima volta che ci siamo visti, un anno fa, è stato un anno difficile. Posso chiederle quale è stato il giorno più brutto, da politico, che ha vissuto, la cosa che le ha fatto più male?
Il giorno nel quale il Senato italiano, per la prima volta nella sua storia, ha votato l’espulsione di un leader politico capo dell’opposizione e del centro-destra dal Parlamento della Repubblica e l’ha fatto, violando la Costituzione italiana, la Convenzione europea dei diritti dell’uomo, la prassi e le sue stesse procedure. L’ha fatto a seguito non solo di una sentenza inverosimile, ma anche di un’applicazione incostituzionale dei suoi effetti. Una pagina vergognosa della politica italiana, decisa dalla sinistra, avallata dalle più alte istituzioni e subita senza reazione da chi, eletto con i miei voti, ha deciso, nonostante tutto questo, di continuare a collaborare con i responsabili di questa infamia.
Lei più volte ha usato in questo anno la parola “delusione” e “tradimento”. Ora “infamia”. Si sente cambiato, umanamente?
Questa volta sono stati delusi e traditi milioni di italiani che oggi non credono più nella politica e che si rifugiano nell’astensionismo, perché chi avevano votato in nome di un programma e di un’alleanza, col chiaro mandato di contrastare la sinistra, si è comportato esattamente al contrario. Sono loro che devono perdonare. Loro, ogni volta che compaio in pubblico, in strada, si affollano intorno a me, mi abbracciano, mi dicono di non mollare, quasi mi soffocano con il loro affetto e il loro entusiasmo.
Dunque, il leader è sempre lei.
(Adesso appare quasi commosso, mentre parla della sua gente) A volte faccio fatica a sottrarmi a questo abbraccio così affettuoso e intenso. Negli occhi di tutta questa gente, gente di tutte le età e di tutte le condizioni sociali, vedo la speranza di un’Italia diversa, quel sogno in nome del quale vent’anni fa sono sceso in campo per difendere la nostra democrazia e la nostra libertà. Posso deluderli?
Insomma, diceva Nietzsche: “Ciò che non mi uccide, mi rafforza”.
Nietzsche aveva ragione.


 
Silvio Berlusconi

domenica 2 novembre 2014

Calano i consensi di Pd e M5S. Forza Italia resta stabile. L'unico a crescere è la Lega

Un calo traversale. Per i partiti italiani il momento non è dei migliori. Ne sa qualcosa il Pdche ha visto diminuire negli ultimi anni il numero degli iscritti.







Ne sa qualcosa il Movimento 5 Stelle, che sembra aver perso quell'appeal degli albori e ne sa anche Forza Italia che ha subito gli effetti dovuti all'estromissione dalla scena politica di Silvio Berlusconi. Ecco dunque che l'ultimo sondaggio sulle intenzioni di voto degli italiani realizzato da Ixè per Agorà, non fa altro che confermare quanto detto, con una sola eccezione rappresentata dalla Lega Nord. Infatti, tutti i partiti politici sono in calo di consensi, eccetto il Carroccio, unica formazione politica che registra nell'ultima settimana un incremento dei consensi, seppur modesto (+0,4%). Il partito guidato daMatteo Salvini, oggi come oggi, alle urne riscuoterebbe l'8,4%. Scendono il Partito Democratico (39%) e il Movimento 5 Stelle (20%), costante Forza Italia (15%). 

giovedì 30 ottobre 2014

L'intervista di Giuliano Ferrara, direttore del Foglio, al presidente Silvio Berlusconi

Arcore. "Con il presidente del Consiglio ho stretto un patto politico di natura istituzionale. Punto. Era mio dovere farlo - dice Silvio Berlusconi al Foglio - perché l’ Italia ha bisogno di rinnovarsi e ripartire, e senza cambiamenti nell’ assetto istituzionale riguardo al monocameralismo per l’ approvazione delle leggi e al bipolarismo come sistema politico e ai poteri del presidente del Consiglio e del Consiglio dei ministri non c’ è ripartenza possibile, né per governi di centrosinistra né per governi di centrodestra".


Osserviamo che lo sconcerto, in alcuni casi, è grande: oppositori del patto, anche dentro Forza Italia e nell’ area di centrodestra, sostengono che è un premio troppo grande per il giovin signore della nuova sinistra italiana, e che il patto toglie aria e respiro a una prospettiva di competizione politica ed elettorale per tutto ciò che non è il Pd.

 "Non sono d’ accordo. Se il patto fosse la caricatura che ne fanno i suoi oppositori, certo sarebbe un dare senza avere, e un accordo alla cieca a nostro danno. E’ vero invece che io registro un positivo cambiamento a sinistra, e che il trasversalismo di Matteo Renzi, tutto sommato nonostante forti limiti, è da considerarsi un progresso. Lo dimostra il fatto che i nemici irriducibili del patto sono tutti coloro che, invece di competere civilmente, considerano la politica come una prova di guerra civile e fabbricano Arcinemici. Quelli cioè del fronte manettaro e illiberale dell’ antiberlusconismo che abbiamo visto alla prova in questi vent’ anni. Io ovviamente non sono renziano, questo è il succo della caricatura nemmeno troppo divertente che si fa della mia posizione. Spero semmai che il più giovane contraente impari qualcosa dall’ esperienza del più vecchio contraente, cioè dal sottoscritto. Le pare che, con la situazione in cui si trova il paese, un imprenditore come chi le parla, un politico impegnato dalla discesa in campo a far muovere l’ Italia immobile di sempre e la sinistra pietrificata della lotta di classe e delle chiusure corporative, non debba impegnarsi per costruire un sistema bipolare? Un sistema che consenta di decidere presto, bene e con certezza, stabilendo a certe chiare condizioni un programma riformatore, di cui siamo i primi ideatori con le nostre riforme abrogate da una ventata di demagogia della vecchia sinistra?".

 Molti dicono che non reggerà, questo dialogo per le riforme, e che il centrodestra ne uscirà diviso.

"La domanda vera non è se regga o no il patto detto del Nazareno. La domanda è se regge la governabilità, se va avanti la legislatura, se si fanno le cose possibili e dunque se può andare avanti la dialettica tra governo e opposizione, così come è stata impostata, o se si torna traumaticamente e irresponsabilmente a votare, con chissà quale legge elettorale. I nostri critici trascurano un fatto. Renzi ha vinto le primarie e ha preparato la sua ascesa al posto di Enrico Letta e ha ovviamente la sua autonomia di percorso. Ma tutto è stato reso possibile dal patto con l’ uomo nero, cioè con lo statista Berlusconi trasformato in ’bau bau’ per folle fanatizzate".

Dicono che l’ economia è di fronte a sfide impossibili, sopra tutto nel quadro europeo attuale, e alla fine il centrodestra sarà coinvolto in un ennesimo fallimento italiano, e stavolta da posizione subalterna, con un Renzi lesto a prendere spazio, anche elettorale, nel centro moderato dell’ elettorato.

"Se gestissimo questa politica come un muro e in modo immobile questo potrebbe essere un rischio. Ma è precisamente quello che eviteremo di fare. Intorno al prossimo marzo, mese per noi benigno perché fu il 27 marzo 1994 la prima di tante nostre vittorie, abbiamo intenzione di far partire una grande opera di ricostruzione dell’ identità dei riformatori liberali e conservatori italiani, cioè del nostro movimento aperto a gruppi e persone di buona volontà. Sarà una kermesse da sogno, nel senso che è ora di riprendere a sognare.
Sui grandi temi che ci distinguono, e in qualche caso ci dividono, dal renzismo rampante, in par ticolare ma non solo quelli fiscali, europei, economici e imprenditoriali, compresa la questione decisiva della giustizia giusta, stiamo mettendo in piedi commissioni di studio e di lavoro, presiedute e nutrite dal meglio del nostro personale politico, che deve essere messo in grado di passare dalle querelles sul passato all’ immaginazione del futuro. Io sono uno dell’ èra Reagan, uno che cerca di affrontare il sogno italiano da posizioni liberali e conservatrici ma anche da posizioni radicali e innovatrici: il trasversalismo felice e propulsivo, se mi consente, l’ ho inventato io quando ruppi il cupo consociativismo della antica nomenclatura e lo sostituii con una capacità di attrazione non univoca, non consegnata a schemi fradici. Renzi avrà qualche voto moderato se noi non sappiamo farci valere.
Ma non si deve dimenticare che il voto popolare e di sinistra, il voto operaio e industrialista, è da oltre vent’ anni parte integrante del nostro blocco di consenso. La libertà, l’ innovazione, la voglia di emulare, competere e promuovere la gioventù è ed è stata, se vogliamo dire così, ’berlusconiana’, è il nostro marchio di fabbrica. E dunque invece di fare a testate con Matteo, che non avrebbe oggi alcun senso, anche perché è casomai nel loro campo che volano i colpi bassi, manteniamo la nostra autonomia, incalziamo, facciamo opposizione quando è necessario e insieme rispettiamo il patto riformatore, ma prima di tutto ricostruiamo il nostro vero profilo. Hanno cercato di offuscarlo predicando il nostro fallimento e la ’caduta’ di una leadership dopo la sentenza paradossale che mi ha colpito: gioco facile per loro. Ma se pensano che l’ età anagrafica, di cui ho sempre pensato che sia un inganno per i gonzi, o il fatto di combattere ancora per un po’ con le mani apparentemente legate dietro la schiena, mi possa impedire di ricostruire con i miei valorosi collaboratori, con la mia gente, una prospettiva per l’ Italia, se lo scordino. Di questa posizione velleitaria, che è come un veleno per chi la pratica, sono rimasti vittime in tanti, una sfilza di leader della sinistra battuti da me con il consenso degli italiani e poi rottamati da Renzi. E rottamati proprio perché il confronto con noi lo perdevano regolarmente ogni volta che lo volgevano in denigrazione e colpo basso in barbarie giustizialista".

C’ è chi ha visto nella conferenza stampa sulle unioni civili e sullo ius soli un cedimento identitario.

 "Davvero non capisco. Nel mondo occidentale si sono diffuse le unioni omosessuali. Anche la chiesa cattolica ha le sue incertezze, fa le sue riflessioni sinodali. E noi non possiamo attardarci su una posizione nullista, di chiusura totale alla questione dei diritti delle persone. Personalmente mi piacerebbe che la cosa fosse risolta con patti privati sanciti dal codice civile, più che da norme ad hoc. Ma dobbiamo fare i conti con la realtà ed essere aperti a questa rivendicazione di diritti che non può incidere minimamente sul matrimonio tra uomo e donna, che deve continuare a essere il fulcro di politiche pubbliche per la famiglia, è ovvio. Quanto all’ integrazione dei nuovi arrivati, che deve essere realizzata con l’ educazione e l’ istruzione e la coesione culturale e civile, è una necessità della storia: vogliamo litigare con la storia? Io ho semplicemente proposto in più un esame sulla padronanza della nostra lingua e sulla conoscenza delle nostre regole di convivenza. Ma sarà, come per la sopra ricordata richiesta sui diritti, il nostro nuovo dipartimento per i diritti civili a decidere".

Ha un’ aria non proprio rassegnata, presidente.

"Vede? Le premesse per una politica intelligente, e il tempo per realizzarla in una ricostruzione di popolo e di leadership, ci sono tutte. Al lavoro. Da ora e fino a marzo e oltre naturalmente, dovremo far vedere a tutto il paese che non siamo solo grandi pugili elettorali, quando è necessario, ma anche e sopra tutto l’ altro partito della nazione, il vero partito degli italiani che amano la libertà e vogliono restare liberi, quello con il marchio delle origini".

martedì 23 settembre 2014

GRANDE PRESIDENTE

ieri Silvio Berlusconi è tornato a parlare in pubblico, intervenendo alla tre giorni di formazione di Sirmione. 

Il nostro Presidente ha ribadito la sua determinazione e il suo impegno per il rilancio di Forza Italia, chiamando a raccolta soprattutto i giovani e invitando tutti a recuperare lo spirito del '94. 

Questa conferma segue due notizie entrambe molto importanti: 1) La conferma della campagna adesioni a Forza Italia, che finirà il 31 ottobre, seguita poi dalla elezione dei comitati locali. 2) La decisione della Corte europea dei diritti dell’uomo di esaminare i due ricorsi presentati da Silvio Berlusconi alla condanna e allo svolgimento del processo cosiddetto “Mediatrade”, per violazione delle regole del giusto processo e per l’applicazione retroattiva della legge Severino.   

In sostanza, siamo in campo, nonostante tutte le difficoltà del momento, per offrire agli elettori del centrodestra una possibilità di presenza politica alternativa alla sinistra. Tutto ciò mantenendo il nostro atteggiamento di opposizione responsabile, che mette al centro il bene del Paese. Ciò significa appoggiare le riforme istituzionali senza però fare sconti rispetto alla finora deludente azione economica del governo Renzi, che molto promette ma ben poco realizza. 

Ultimo esempio la promessa di saldare i debiti della pubblica amministrazione verso le imprese entro ieri, 21 settembre, San Matteo. Così non è stato. Secondo il presidente di Confartigianato, Giorgio Merletti, mancano 21,4 miliardi di euro perché sono stati pagati alle aziende 26,1 dei 47,5 miliardi stanziati dal governo. Per Giuseppe Bertolussi, presidente della Cgia di Mestre, i fondi resi disponibili ammontano a 56,8 miliardi, ma alle aziende ne sono stati pagati soltanto 26,1.

Per far fronte a questa situazione, serve una Forza Italia solida e unita, forte del tuo sostegno e di quello di tutti coloro che si riconoscono nella nostra storia.

Grazie per quello che farai.
Cordialmente,

on. Antonio Palmieri
responsabile internet Forza Italia

sabato 2 agosto 2014

COMPLETATO IL GRUPPO DIRIGENTE PROVINCIALE DI MODENA DEL MOVIMENTO FORZA ITALIA


IL RESPONSABILE PROVINCIALE DI FORZA ITALIA DELLA PROVINCIA DI MODENA HA PROVVEDUTO A COMPLETARE IL COORDINAMENTO PROVINCIALE DEL PARTITO NELLA PROVINCIALE DI MODENA, SONO STATI NOMINATI :
  • Giorgio Cavazzoli - Vice Responsabile Provinciale
  • Luca Soci               - Vice Responsabile Provinciale
  • Ercole Pirro           - Responsabile Organizzativo Provinciale
ALLA NUOVA SQUADRA UN SINCERO BUON LAVORO!

venerdì 25 luglio 2014

FORZA ITALIA - MODENA : Il partito modenese in mano al 34enne Giacobazzi

Svolta in Forza Italia, Palmizio scarica Aimi
 
DA "PRIMA PAGINA"

Avvocato, 34 anni, capogruppo di Forza Italia a Formigine, sposato e da poche settimane papà, Piergiulio Giacobazzi è il nuovo responsabile provinciale di Forza Italia. Per Modena il coordinatore regionale Palmizio - che ieri ha ufficializzato i referenti di tutte le province - ha quindi scelto un nome unico e, soprattutto, nuovo. Una scelta che di fatto rappresenta una bocciatura per la triade uscente (Aimi-Lenzini e Morani) e in particolare per Enrico Aimi reduce, nel suo ruolo di coordinatore, da un deludente risultato elettorale in città e incapace di giungere a una sintesi con l’Ncd di Giovanardi. Sintesi che probabilmente avrebbe permesso al centrodestra di non lasciare ai grillini l’onore di portare per la prima volta nella storia il centrosinistra al ballottaggio.E della necessità di un cambio di passo Giacobazzi sembra consapevole, tanto che nelle sue prime dichiarazioni nelle vesti di responsabile provinciale annuncia una svolta sul fronte del radicamento territoriale («creeremo una sede del partito e una festa provinciale») e dell’unità («basta coi personalismi e le divisioni»).

Le dichiarazioni
«L’obiettivo è quello di rialzarsi dal risultato delle ultime elezioni - afferma Piergiulio Giacobazzi -. Fondamentali saranno i prossimi due appuntamenti: l’elezione da parte di sindaci e consiglieri dei rappresentanti all’interno della nuova Provincia che, salvo proroghe, dovrebbe avvenire il 28 settembre e le elezioni regionali. La sfida per il dopo Errani sarà certamente una cartina di tornasole in vista delle prossime politiche che potrebbero celebrarsi non tra molti mesi».E sulla modalità con cui verranno gestite le Regionali, Giacobazzi per ora non si sbilancia. «Vedremo se ci saranno i tempi tecnici per organizzare le primarie - afferma -. Ed è giusto aprire un dibattito sulla ricandidatura dei consiglieri uscenti e sul vincolo al numero di mandati. Sabato mattina, insieme agli altri responsabili provinciali, incontrerò l’onorevole Palmizio proprio per discutere di questi temi». Alcuni in Forza Italia lo hanno già identificato come uomo vicino a Samorì. Una etichetta che Giacobazzi non sente totalmente propria. «Innanzitutto ho un ottimo rapporto con Enrico Aimi che in questa fase sarà maggiormente concentrato sulla Regione - afferma il responsabile provinciale di Forza Italia -. Negli ultimi cinque anni sono stato consigliere Pdl a Formigine e, come molti altri colleghi di altri Comuni, ho appoggiato Samorì alle Europee ritenendo importante venisse eletto un modenese e una persona competente a Bruxelles. Al di là di questo credo però di essere stato scelto in quanto figura nuova e il mio obiettivo è collaborare con tutti, Samorì compreso: è fondamentale fare squadra». Sulle prossime mosse Giacobazzi ha le idee chiare: «Innanzitutto è impossibile che una città come Modena non abbia una sede del primo partito del centrodestra, un limite al quale porremo rimedio - afferma -. L’obiettivo è coinvolgere nuovamente i cittadini e per farlo pensavamo anche di organizzare una festa di Forza Italia. Dobbiamo essere uniti e lasciare da parte personalismi e divisioni».
Il coordinatore regionale
«I criteri di scelta dei nuovi responsabili provinciali - ha detto Palmizio - sono quelli condivisi con il Presidente Berlusconi: competenza, rinnovamento e dedizione. Il presidente ha già avvallato le mie scelte e spero quanto prima di poterli presentare personalmente. I neo responsabili provinciali hanno, in questa prima fase, due compiti principali: seguire l’iter di trasformazione della provincia in ente di secondo grado e il tesseramento. I tesseramenti serviranno ad affrontare i congressi comunali, una novità rispetto al passato Pdl, e con i coordinatori comunali si voteranno anche i delegati ai congressi provinciali. L’obiettivo che ci siamo posti è di fare in modo che entro breve la classe dirigente venga scelta dalla base e non nominata».

mercoledì 18 giugno 2014

AVANTI TUTTA

Il Capo dello Stato sia scelto dai cittadini

1. Forza Italia sostiene l’elezione diretta del Capo dello Stato da parte dei cittadini.
Oggi inizia una campagna di mobilitazione che intende coinvolgere milioni di elettori e rivolgersi ad ogni cittadino, che appartenga a questo o quello schieramento politico o non si riconosca in nessuno di essi. A questo fine depositeremo in Cassazione le proposte di legge di iniziativa popolare rivolte a questo scopo. E successivamente inizieremo la raccolta delle firme.

2. I moderati con questa iniziativa si confermano il motore autentico di un percorso inderogabile di riforme.

3. Nella storia repubblicana sono state proposte riforme fin dalla prima legislatura. Nessun parlamento è però riuscito ad approvare una revisione compiuta della II parte della Costituzione. Dal 1948 ad oggi solo il Governo Berlusconi nel 2005 - sostenuto da Forza Italia, Alleanza Nazionale, Lega Nord e Udc - è riuscito a realizzarne una.

4. Quella legge conteneva una riforma organica all’insegna della semplificazione decisionale, all’insegna della riduzione del numero dei parlamentari, all’insegna della fine del bicameralismo e del rafforzamento dei poteri del capo dell’esecutivo.
Conteneva norme antiribaltoni e lo statuto dell’opposizione.

5. Quella riforma fu disprezzata e irrisa dalla sinistra che decise di cancellarla attraverso un referendum abrogativo, pur di incassare un successo immediato. Oggi molte delle personalità più avvedute della sinistra riconoscono che quello fu un errore.

6. Nel 2012 un ramo del Parlamento riuscì ad approvare, sempre grazie al centro-destra, un’altra riforma organica, federalista e presidenzialista. Ma purtroppo l’opposizione del centro-sinistra ancora una volta rese impossibile portarla a termine.

7. Da quando è nato, il governo Renzi continua ad annunciare riforme. Ma sinora siamo ancora ai preliminari. La legge elettorale che doveva arrivare per il 25 maggio è insabbiata. (E tra Renzi e Grillo non si capisce chi sia tra i due quello che va in soccorso dell’altro.)

8. Di tutto quell’impegno riformatore profuso negli anni anche grazie a noi, il governo oggi ha recuperato una sola voce: il Senato ma con una riforma che squilibra lo Stato a favore del potere dell’Anci e dell’Associazione dei comuni, e consegna il Senato alla sinistra.

9. Forza Italia ha mantenuto e mantiene gli impegni assunti con Renzi, c’è l’accordo sul voto di fiducia, sulla non approvazione delle leggi, sui minori costi a cui arrivare, c’è invece ancora da trovare l’accordo sul sistema di elezione dei Senatori, sono sicuro che lo troveremo. Ma noi vogliamo fare un grande passo in avanti: chiediamo che accetti l’elezione diretta del presidente della Repubblica come nuova architrave dell’organizzazione dello Stato con poteri di direzione politica. Chiediamo al Governo di accettare la nostra proposta per l’elezione diretta del Presidente della Repubblica. È una soluzione fondamentale per ragioni storiche, politiche e istituzionali.

10. Le ragioni storiche riguardano l’evoluzione della Presidenza della Repubblica.
Il Capo dello Stato negli ultimi decenni si è trovato a svolgere sempre più un ruolo di supplenza emergenziale. Ma quando l’emergenza si protrae troppo a lungo, finisce per diventare fisiologia. Che è però, indiscutibilmente una distorsione patologica in una democrazia parlamentare. Il problema è che oggi il Capo dello Stato non ha una legittimazione popolare nello svolgere il suo ruolo di garante attivo del buon funzionamento dello Stato. Si è verificata una frattura irrisolta tra lettera della Costituzione e la pratica quotidiana del mandato presidenziale. Non è più sopportabile che la legittimazione popolare sia surrogata da imperscrutabili accordi tra i segretari dei partiti.
Oggi, come sappiamo bene, per eleggere il Presidente della Repubblica contano più i segretari dei partiti e i franchi tiratori che i cittadini italiani.

11. Con il risultato di ritrovarci con una democrazia instabile, rissosa, spaccata, e soprattutto incapace di decidere.
Dal 1948 ad oggi il Paese non è veramente governabile. Per renderlo governabile è necessario il cambiamento degli assetti istituzionali.
E’ necessaria un’autorità che rappresenti la volontà popolare. Un’autorità che abbia la forza democratica e politica di far funzionare lo Stato e sbloccare gli stati di crisi. Questa autorità può essere solo un Presidente della Repubblica eletto direttamente dai cittadini.

12. L’Italia ha bisogno di riforme costituzionali profonde. E’ necessario un disegno complessivo. Una riforma globale, che comprenda pesi e contrappesi. Credo si debba essere tutti d’accordo sul fatto che le riforme che aspettiamo da quarant’anni non si possono ridurre ad una trasformazione del Senato in un dopolavoro di consiglieri comunali o regionali.
La riforma complessiva deve avere un perno da cui il resto discende e noi riteniamo che il Presidente eletto direttamente a suffragio universale sia il contrappeso unitario al decentramento federale.
A sua volta, ad un Presidente della Repubblica eletto direttamente deve far da contrappeso un Parlamento caratterizzato da una Camera dei Deputati dai poteri rafforzati, nel quadro di un bicameralismo non più paritario in cui il Senato cessa di essere una camera politica eletta direttamente.

13. Noi offriamo questa proposta di elezione popolare diretta del Presidente della Repubblica a tutte le forze politiche e a tutti i cittadini. Già in passato molti si sono pronunciati in suo favore.
Queste cose le avevano ben presenti, nella Costituente, gli uomini della sinistra più illuminata esponenti del partito d’azione: Piero Calamandrei, Leo Valiani, Vittorio Foa, Riccardo Lombardi, Emilio Lussu, che condussero una battaglia nobile anche se perdente per il Presidenzialismo. Scriveva Calamandrei, uomo di sinistra, eroe della Resistenza e uno dei più grandi giuristi italiani di tutti i tempi: “In Italia si è vista sorgere una dittatura non da un regime a tipo presidenziale, ma da un regime a tipo parlamentare, anzi parlamentaristico, in cui si era verificato proprio il fenomeno della pluralità dei Partiti e dell’impossibilità di avere un governo appoggiato ad una maggioranza solida che gli permettesse di governare”. E ancora: “Le dittature sorgono non dai governi che governano e che durano, ma dall’impossibilità di governare dei governi democratici”
Ma anche di recente a sinistra, da Prodi a Veltroni, importanti personalità si sono pronunciate in favore.

14. Lo stesso Renzi si era dichiarato favorevole, quando ancora faceva il rottamatore.
In un’intervista a Repubblica ha detto, tra l’altro, “Il sistema semipresidenzialista è un punto di riferimento di larga parte della sinistra.”
E ancora: “In Italia l’unico sistema elettorale che funziona è quello dei sindaci. E’ un meccanismo chiaro: serve il sindaco d’Italia. Se questo porta al presidenzialismo o al semipresidenzialismo, va bene”.

15. Anche molti autorevoli politilogi ed editorialisti sono da tempo sostenitori di questa soluzione. Da Angelo Panebianco ad Arturo Parisi a Gianfranco Pasquino.

16. Nessuna proposta eversiva, dunque. Ma un modello consolidato altrove e sostenuto da molti in Italia.
Chi ci accusa di populismo fa parte di quegli ultra conservatori che temono di perdere il proprio potere se il popolo diviene il vero protagonista delle scelte decisive.
Del resto è storia vecchia, lo stesso Mitterand si scagliò contro la riforma De Gaulle in Francia urlando al “coup d’État permanent”, salvo poi diventare il primo presidente socialista della Quinta Repubblica.

17. Noi siamo pronti, l’Italia è pronta. Senza presidenzialismo le riforme proposte dal governo non risolvono i problemi dell’Italia. L’elezione popolare diretta è la condizione per un vero riformismo. E’ la condizione perché i cittadini contino, perché si possa diventare una vera democrazia governante.

18. Forza Italia vuole le riforme. Ma vuole delle buone riforme.
Per questo la nostra strategia si compone di tre percorsi paralleli.
a) il primo è la ripresentazione in Commissione dei nostri emendamenti per l’elezione diretta del Capo dello Stato nella odierna discussione sulla riforma del Senato proposta dal Governo; e questa è la strada più diretta, veloce ed efficace.
b) il secondo percorso è la presentazione di una proposta di legge costituzionale di iniziativa popolare, ai sensi dell’art. 71 della Costituzione, con un progetto organico in senso presidenzialista;
c) il terzo percorso è quello di un referendum di indirizzo con il quale chiedere ai cittadini se approvino o meno la scelta presidenzialista. Poiché, come sapete, questo referendum non è attualmente previsto in Costituzione, è necessario, come già si è fatto in passato,  approvare una legge costituzionale per consentirne lo svolgimento. Anche questa legge costituzionale sarà promossa con un’iniziativa di raccolta di firme da parte dei cittadini.
Il 20 settembre del 1962 in Francia, appena un mese dopo l’attentato, De Gaulle andò in TV e annunciò: “il Presidente della Repubblica sarà d’ora in poi eletto a suffragio universale. Su questo argomento, che tocca a tutti i francesi, per quale via conviene che il Paese esprima la sua decisione? Io rispondo per la via più democratica, la via del referendum”.
E su 21 milioni di voti espressi, 13 furono a favore dell’elezione diretta.
In sintesi, quindi noi chiediamo al Parlamento di ascoltare la voce dei cittadini e approvare direttamente il progetto di “elezione popolare diretta” del Presidente della Repubblica.
Se il parlamento non avrà il coraggio di imboccare questa strada, chiediamo che almeno consenta ai cittadini di esprimersi con un referendum istituzionale propositivo.

Per concludere:
    La prima Repubblica è nata da un referendum istituzionale;
    La seconda da un referendum sulla legge elettorale.
    Ci auguriamo che anche la terza possa nascere su diretta e consapevole volontà dei cittadini italiani!


Silvio Berlusconi

mercoledì 4 giugno 2014

RFLESSIONE.........

S'avanza il catto-pragmatismo

di Stefano Fontana
La nuova Bussola Quotidiana, 4 giugno 2014

Tre indizi fanno una prova. Dopo Avvenire e dopo il Sir, di cui abbiamo parlato due giorni fa (“Lettera al Direttore” che riportiamo in fondo a questa pagina), ora anche il Corriere della Sera di ieri, con un fondo di Ernesto Galli della Loggia, si impegna ad accreditare Matteo Renzi non solo come cattolico – «non si contano le foto che lo ritraggono all’uscita dalla messa domenicale, da solo o con la famiglia» – ma anche come in continuità con la Dottrina sociale della Chiesa e la storia del cattolicesimo italiano, e perfino come espressione di un cattolicesimo politico adatto ai nostri tempi, che Galli della Loggia, non si sa con quale nesso con Renzi, chiama «i tempi di papa Francesco».

Galli della Loggia ha definito quello del presidente del Consiglio Matteo Renzi un cattolicesimo politico da boy scout. Il riferimento è all’attività scoutistica del giovane Renzi, al suo comportarsi come un capo-branco (Akela) con i suoi collaboratori, al suo stile e linguaggio giovanili, alla volontà di impegnarsi in cose concrete e di provarci («fare del nostro meglio»), alla sua semplicità di approccio ai problemi, alla sua gioviale sicurezza e fiducia da bravo ragazzo che fa attraversare la strada all’Italia.

Secondo Galli della Loggia, Renzi è espressione di un cattolicesimo politico non più legato al vecchio cattolicesimo veneto e lombardo da cui era nata anche la Democrazia cristiana e più vicino al cattolicesimo di Dossetti, La Pira, don Milani – il cattolicesimo tra il Po e l’Appennino, come egli dice – di cui però Renzi stempera le asprezze, rendendolo più dolce, meno battagliero; un cattolicesimo politico semplificato e debole, come è, a dire il vero, il cattolicesimo scout.

Devo dire che la definizione di Renzi come espressione di un cattolicesimo politico tipo boy scout è ben ritagliata. È un cattolicesimo politico ricondotto a buone azioni, stare insieme, consumare con sobrietà, rispettare l’ambiente, fare acquisti a chilometro zero. Per un cattolicesimo politico di questo genere, non credo ci sia bisogno di scomodare Dossetti, La Pira e don Milani, e meno che meno papa Francesco. È forse più semplice spiegare la cosa come esito del processo di secolarizzazione che fluidifica la politica e indebolisce il carattere cattolico dei cattolici. Se tutto è ormai piuttosto liquido e informe, impreciso nei connotati, languido e come spossato, ne nasce un cattolicesimo politico da boy scout, privo di forti identità, un cattolicesimo da escursione in montagna, da costruzione di sopraelevate, da cerchio attorno al fuoco e amicizia solidale.

Il problema, a questo punto, è di verificare se un cattolicesimo politico tipo boy scout sia ancora un cattolicesimo politico. Se Renzi è l’Akela del Branco, allora la Boschi è Bagheera, la quale ha detto per bene come la pensa sulla famiglia senza che Akela l’abbia smentita. La secolarizzazione della religione e della politica è spietata e ingorda e, nella sua coerenza, non si ferma né si sazia mai. Dire che Renzi è un politico cattolico e constatare nel contempo che egli vuole il divorzio breve e l’adozione dei minori per le coppie omosessuali significa sostenere che un politico può definirsi politicamente cattolico anche se con la sua azione politica distrugge la famiglia. Significa recidere il legame tra «uscire dalla messa domenicale da solo o con la famiglia» e la costruzione della società tramite le leggi, le politiche, le istituzioni, ossia il significato pubblico della fede cattolica.

Questa è propriamente la secolarizzazione della politica. Quando il cattolico perde di vista che dalla sua fede emana non solo una sua testimonianza personale, ma anche un disegno sulla società e la politica, sulla città dell’uomo, allora si ha secolarizzazione della politica.

Il passaggio è in tre tappe: all’inizio i valori umani si fondano su quelli religiosi che li costituiscono e li proteggono; poi i valori umani pensano di fondarsi su se stessi differenziandosi ma senza staccarsi da quelli religiosi; infine si separano da quelli religiosi, cessando così anche di essere umani. Ci siamo illusi che fosse possibile fermarsi al secondo passaggio. Ma, come dicevo, la secolarizzazione vuole andare fino in fondo. A questo punto diventa possibile farsi fotografare uscendo da chiesa ed approvare una legge sul divorzio breve.

Leone XIII diceva che se si stacca il matrimonio civile da quello religioso finisce male anche per quello civile. Poi si è pensato che il matrimonio civile dovesse essere fondato su se stesso distinguendosi senza separarsi da quello religioso. Oggi si dice che un cattolico può essere tale anche se opera per il divorzio breve. E’ la secolarizzazione che avanza, bellezza! Però se questo è il cattolicesimo politico tipo scout di cui parla Galli della Loggia allora non è più un cattolicesimo politico, ma la sua fine.


Lettera di Stefano Fontana al Direttore della Nuova Bussola Quotidiana
2 giugno 2014

Caro Direttore,

ho letto una sorprendente intervista al sociologo Franco Garelli in cui viene sostenuta la “continuità” tra Matteo Renzi, la dottrina sociale della Chiesa e la presenza nel nostro Paese del “cattolicesimo sociale”. La vittoria di Renzi alle Europee sarebbe benvenuta in quanto espressione di questa “continuità”. L’intervista è stata fatta e diramata dal SIR, il Servizio Informazione Religiosa della CEI e pubblicata su vari settimanali diocesani.

Ora, sinceramente, la “continuità” di cui parla Garelli io non riesco a vederla. Vediamo, però, prima di tutto, dove la vede lui, Garelli. Renzi, dice Garelli, fa proposte e si impegna e questo sarebbe un tratto tipicamente cattolico: fare proposte e impegnarsi. «Il carattere qualificante del cattolicesimo sociale consiste nel riuscire a individuare i problemi e fare proposte all’altezza della situazione in un dato momento storico, non nel fare una difesa d’ufficio dei principi. Renzi questo lo ha capito e quindi lo trovo molto adeguato al momento presente». Il concetto viene ribadito in seguito: «Renzi è un cattolico, non lo ha mai negato, anzi ogni tanto lo ricorda. Però in qualche modo non fa della sua ispirazione cattolica un castello. Lui invece affascina o attrae a partire dalle idee, e solo in parte a partire dalla militanza cattolica di lungo corso negli anni giovanili … La Chiesa era abituata a pensare che chi si impegnava doveva farlo  per promuovere i valori cattolici, mentre lui si impegna in chiave pluralistica, per affermare anche istanze tipiche della dottrina sociale».

Andiamo con ordine. Se alla Dottrina sociale della Chiesa togliamo il tema della famiglia e della vita produciamo una ferita che la rende irriconoscibile. Ora, la maggioranza renziana ha appena approvato alla Camera il divorzio breve e si sta preparando ad approvare le unioni civili e le adozioni gay. Se non ci fosse stata una certa resistenza da parte della componente governativa del Nuovo Centro Destra, tutto questo lo avremmo già, come anticipato in modo soft dal ministro Boschi a Vanity Fair.

Nei discorsi programmatici di Renzi non ho mai sentito parlare di famiglia, né tantomeno di vita. Gli 80 euro in busta paga sono stati dati individualmente senza tenere in contro la componente familiare. Renzi ha forse ritirato le Linee guida del ministero per le pari opportunità contro la discriminazione di genere?

Mi chiedo quindi: se nell’azione politica di Renzi manca totalmente il riferimento alla famiglia, come può essere in “continuità” con la Dottrina sociale della Chiesa?  Per poterlo dire bisognerebbe cancellare molte encicliche dei Sommi Pontefici, anzi tutte. E sulla vita? Renzi ha forse annunciato di intervenire sulla decisione di distribuire la pillola del giorno dopo nei consultori familiari della “sua” Toscana? Ha espresso un parere sulla sentenza del TAR sulla “Norlevo”? Ha dato qualche rassicurazione sulla situazione selvaggia in termini di fecondazione eterologa a seguito della sentenza della Consulta? 
Ma non è solo su questi temi che il programma di Renzi è in “discontinuità” con la Dottrina sociale della Chiesa. Lo è, per esempio, in modo evidente sul tema della sussidiarietà, di cui non c’è traccia non solo nei suoi finora scarni interventi, ma anche nelle sue promesse. Non l’ho mai sentito parlare di sussidiarietà in nessun senso, nemmeno nel campo della scuola, che pure è stato un tema che lo ha interessato, almeno inizialmente e limitatamente all’aspetto dell’edilizia.

È quindi piuttosto difficile vedere la “continuità” di cui parla Garelli. Del resto, parlare di famiglia, o di vita o di sussidiarietà non sarebbe un “promuovere i valori cattolici” o limitarsi “a ribadire i principi” perché sono valori di tutti e perché riguardano non astrazioni ma carne viva della gente di oggi. Se vita, famiglia e sussidiarietà sono valori “cattolici”, allora promuoverli vorrebbe dire essere integralisti. So bene che tutta un’area politica cattolica la pensa così. So che essa ritiene che la secolarizzazione debba essere accettata non solo nei suoi aspetti religiosi, ma anche in quelli etici. So anche che Garelli appartiene a quest’area cattolica. Però vorrei sapere quali sono le “istanze tipiche della dottrina sociale” che Renzi incarnerebbe e se lui “affascina a partire dalle idee” vorrei sapere quali sono queste idee che “continuano” la Dottrina sociale della Chiesa.

Ho giudicato questa intervista “sorprendente”. Ma a sorprendere non è tanto che l’abbia rilasciata il sociologo Garelli, ma che l’abbia diffusa il SIR, ossia l’agenzia di stampa dei Vescovi, e che molti settimanali diocesani l’abbiano automaticamente pubblicata. In questo modo gli 80 euro in busta paga e il divorzio breve sono stati battezzati “cattolici”. In barba al rifiuto di “promuovere i valori cattolici”. Dove si vede, in fondo, che gli integralisti sono coloro che vedono integralismi dappertutto.

venerdì 30 maggio 2014

ELELZIONI EUROPEE ED AMMINISTRATIVE 2014 A CARPI


ELEZIONE DIRETTA DEL SINDACO
E DEL CONSIGLIO COMUNALE

DOMENICA 25 MAGGIO 2014
SEZIONI 66
ELETTORI 52.148
VOTANTI
38.152
PARI AL
73,16 %
CANDIDATI A SINDACO
VOTI
%
LISTE
VOTI
%
1) EROS ANDREA GADDI
5.353
14,41
1) Movimento 5 Stelle
5.340
14,49
2) SERAFINA ROVATTI detta SARA
846
2,28
2) Carpi Bene Comune
839
2,28
3) CRISTIAN ROSTOVI
1.411
3,80
3) Nuovo Centro Destra
485
1,32
4) Fratelli d'Italia
887
2,41
4) GIORGIO VERRINI
4.340
11,69
5) Carpi Futura
4.199
11,39
5) ROBERTO BENATTI
4.039
10,88
6) Lega Nord
1.109
3,01
7) Carpi del Fare
253
0,69
8) Forza Italia
2.698
7,32
6) ALBERTO BELLELLI
21.147
56,94
9) Verdi
480
1,30
10) Carpi 2.0
756
2,05
11) Sinistra Ecologia e Libertà
706
1,92
12) Partito Democratico
19.111
51,84
Voti espressi per il solo Candidato sindaco n. 273 (pari al 0,72%)
TOTALE VOTI VALIDI (*)
36.863
96,62 %
SCHEDE BIANCHE (*)
425
1,11 %
SCHEDE NULLE (*)
575
1,51 %
VOTI NULLI (*)
11
0,03 %
VOTI CONTESTATI NON ATTRIBUITI (*)
5
0,01 %
(*) sui votanti



ATTENZIONE: i risultati elettorali pubblicati devono ritenersi provvisori fino al termine della validazione da parte degli Uffici Centrali competenti

ELEZIONI COMUNALI 2009
Liste
Voti
%
La Destra Fiamma Tric. MPA
481
1,25
Il Popolo della Libertà
7.010
18,29
Lega Nord
3.698
9,65
Verdi per la Pace
783
2,04
Sinistra per Carpi
474
1,24
Comunisti italiani
635
1,66
Di Pietro - Italia dei Valori
1.575
4,11
Partito Democratico
17.470
45,58
Carpi 2009 -Campedelli Sindaco
962
2,51
Alleanza per Carpi
3.117
8,13
La Lista
176
0,46
Lista civica Carpi a 5 stelle
1.126
2,94
Rifondazione Comunista
823
2,15
SCHEDE BIANCHE
552
1,35
SCHEDE NULLE
541
1,33
VOTANTI
39.681
97,24
 
ELEZIONE DEI MEMBRI DEL PARLAMENTO EUROPEO
DOMENICA 25 MAGGIO 2014
SEZIONI 66
ELETTORI 51.699
VOTANTI
38.194
73,88%

LISTE PARLAMENTO EUROPEO

VOTI
%

VOTI
%
1) Movimento 5 Stelle
6.628
17,82
7) Scelta Europa
244
0,66
2) Partito Democratico
21.735
58,44
8) Italia Dei Valori
120
0,32
3) Forza Italia
3.472
9,33
9) Io Cambio - Maie
35
0,09
4) Südtiroler Volkspartei
47
0,13
10) Verdi Europei
456
1,23
5) Nuovo Centro Destra
747
2,01
11) L'Altra Europa con Tsipras
1.270
3,41
6) Fratelli d'Italia
990
2,66
12) Lega Nord
1.450
3,90
TOTALE VOTI VALIDI (*)
37.194
97,38 %
SCHEDE BIANCHE (*)
386
1,01 %
SCHEDE NULLE (*)
586
1,57 %
VOTI CONTESTATI NON ATTRIBUITI (*)
7
0,0 2%
VOTI NULLI
9
0,0 2 %
(*) sui votanti



ATTENZIONE: i risultati elettorali pubblicati devono ritenersi provvisori fino al termine della validazione da parte degli Uffici Centrali competenti

ELEZIONI EUROPEE 2009
LISTE PARLAMENTO EUROPEO
VOTI
%
LISTE PARLAMENTO EUROPEO
VOTI
%
Liberal Democratici con Melchiorre
30
0,08
Associazione politica nazionale "Lista Marco Pannella"
922
2,32
Partito Comunista dei Lavoratori
270
0,68
Unione dei Democratici Cristiani e Democratici di Centro
1.522
3,83
Lega Nord
4.148
10,45
Di Pietro Italia dei Valori
2.768
6,97
Sinistra e Liberta'
796
2,01
Forza Nuova
133
0,34
Rifondazione e Comunisti Italiani
942
2,37
Partito Democratico
19.025
47,92
Destra Sociale Fiamma Tricolore
206
0,52
SVP
29
0,07
Il Popolo della Libertà
8.736
22,01
L'Autonomia - Pensionati
171
0,43
(*) sui votanti
Schede bianche (*)
582
1,42
Schede nulle (*)
559
1,37
Totale voti validi (*)
39.698
97,17

Camera 24/02/2013 | Area ITALIA

Elettori
46.905.154

Votanti
35.270.926

75,20%
Schede bianche
395.279

Schede non valide (bianche incl.)
1.265.171


Candidati

Liste/Gruppi



Voti
%
Seggi
PIER LUIGI BERSANI










PARTITO DEMOCRATICO



8.646.034
25,43
292


SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA'



1.089.231
3,20
37


CENTRO DEMOCRATICO



167.328
0,49
6


SVP



146.800
0,43
5


TOTALE COALIZIONE



10.049.393
29,55
340
SILVIO BERLUSCONI










IL POPOLO DELLA LIBERTA'



7.332.134
21,56
97


LEGA NORD



1.390.534
4,09
18


FRATELLI D'ITALIA



666.765
1,96
9


LA DESTRA



219.585
0,65



GRANDE SUD - MPA



148.248
0,44



MIR - MODERATI IN RIVOLUZIONE



82.557
0,24



PARTITO PENSIONATI



54.418
0,16



INTESA POPOLARE



26.120
0,08



LIBERI PER UNA ITALIA EQUA



3.239
0,01



TOTALE COALIZIONE



9.923.600
29,18
124
GIUSEPPE PIERO GRILLO










MOVIMENTO 5 STELLE BEPPEGRILLO.IT



8.691.406
25,56
108
MARIO MONTI










SCELTA CIVICA CON MONTI PER L'ITALIA



2.823.842
8,30
37


UNIONE DI CENTRO



608.321
1,79
8


FUTURO E LIBERTA'



159.378
0,47



TOTALE COALIZIONE



3.591.541
10,56
45
ANTONIO INGROIA










RIVOLUZIONE CIVILE



765.189
2,25

OSCAR FULVIO GIANNINO










FARE PER FERMARE IL DECLINO



380.044
1,12

MARCO FERRANDO










PARTITO COMUNISTA DEI LAVORATORI



89.643
0,26

ROBERTO FIORE










FORZA NUOVA



90.047
0,26

GIACINTO MARCO PANNELLA










LISTA AMNISTIA GIUSTIZIA LIBERTA'



65.022
0,19

ULLI MAIR










DIE FREIHEITLICHEN



48.317
0,14

SIMONE DI STEFANO










CASAPOUND ITALIA



47.911
0,14

LUCA ROMAGNOLI










FIAMMA TRICOLORE



44.408
0,13

MAGDI CRISTIANO ALLAM










IO AMO L'ITALIA



42.603
0,13

LODOVICO PIZZATI










INDIPENDENZA VENETA



33.217
0,10

RENATA JANNUZZI










LIBERALI PER L'ITALIA - PLI



27.964
0,08

GIOVANNI ANGELO COLLI










PS D'AZ.



18.592
0,05

FABRIZIO COMENCINI










LG.VENETA REPUBBLICA



15.838
0,05

GIUSEPPE CIRILLO










VOTO DI PROTESTA



12.743
0,04

ANTONIO GUADAGNINI










VENETO STATO



11.398
0,03

STEFANIA GABRIELLA ANASTASIA CRAXI










RIFORMISTI ITALIANI



8.248
0,02

PIETRO MURRU










INDIPENDENZA PER LA SARDEGNA



7.471
0,02

FRANCO TORCHIA










PRI



6.910
0,02

SALVATORE MELONI










MERIS



5.897
0,02

ADRIANO LOTITO










PARTITO DI ALTERNATIVA COMUNISTA



5.196
0,02

MARCO MARSILI










I PIRATI



4.577
0,01

MARINA PETRINI










MOVIMENTO PROGETTO ITALIA - MID



3.957
0,01

RAFFAELE BRUNO










RIFONDAZIONE MISSINA ITALIANA



3.091
0,01

ANTONIO POTENZA










POPOLARI UNITI



2.992
0,01

PIERO PUSCHIAVO










PROGETTO NAZIONALE



2.870
0,01

ANTONIO PIARULLI










MOVIMENTO P.P.A.



1.526
0,00

MARIA DI PRATO










UNIONE POP.



1.475
0,00

ANTONIO CORSI










TUTTI INSIEME PER L'ITALIA



1.485
0,00

ERIKA GRACI










STAMINALI D'ITALIA



586
0,00

CARLA CORSETTI










DEMOCRAZIA ATEA



598
0,00

TOTALI LISTE





34.005.755

617
 -----------------------------------------------------------------------------------------------------------------------
Camera 24/02/2013 | Area ITALIA | Circoscrizione EMILIA ROMAGNA | Provincia MODENA | Comune CARPI

Elettori
50.728

Votanti
42.682

84,14%
Schede bianche
249

Schede non valide (bianche incl.)
852


Candidati

Liste/Gruppi



Voti
%

PIER LUIGI BERSANI










PARTITO DEMOCRATICO



18.778
44,89



SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA'



1.084
2,59



CENTRO DEMOCRATICO



80
0,19



TOTALE COALIZIONE



19.942
47,67

SILVIO BERLUSCONI










IL POPOLO DELLA LIBERTA'



5.297
12,66



LEGA NORD



985
2,35



FRATELLI D'ITALIA



493
1,18



MIR - MODERATI IN RIVOLUZIONE



118
0,28



LA DESTRA



75
0,18



GRANDE SUD - MPA



17
0,04



INTESA POPOLARE



15
0,04



TOTALE COALIZIONE



7.000
16,73

GIUSEPPE PIERO GRILLO










MOVIMENTO 5 STELLE BEPPEGRILLO.IT



8.917
21,32

MARIO MONTI










SCELTA CIVICA CON MONTI PER L'ITALIA



3.298
7,88



UNIONE DI CENTRO



464
1,11



FUTURO E LIBERTA'



74
0,18



TOTALE COALIZIONE



3.836
9,17

ANTONIO INGROIA










RIVOLUZIONE CIVILE



656
1,57

OSCAR FULVIO GIANNINO










FARE PER FERMARE IL DECLINO



953
2,28

MARCO FERRANDO










PARTITO COMUNISTA DEI LAVORATORI



145
0,35

ROBERTO FIORE










FORZA NUOVA



88
0,21

GIACINTO MARCO PANNELLA










LISTA AMNISTIA GIUSTIZIA LIBERTA'



91
0,22

SIMONE DI STEFANO










CASAPOUND ITALIA



28
0,07

LUCA ROMAGNOLI










FIAMMA TRICOLORE



47
0,11

MAGDI CRISTIANO ALLAM










IO AMO L'ITALIA



90
0,22

FRANCO TORCHIA










PRI



37
0,09

TOTALI LISTE





41.830



 ------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------

CONSIDERAZIONI E CONFRONTI

1.      RISPETTO AL VOTO EUROPEO DELLE STESSO GIORNO FORZA ITALIA A CARPI HA PERSO BEN 774 VOTI! PASSANDO DA 9,3% AL 7,3% - ERGO 2 PUNTI PERCENTUALI
2.      LA SOMMATORIA DEI VOTI DEI DUE PARTITI (LEGA E FORZA ITALIA) ALLE ELEZIONI EUROPEE E’ PARI A 4.922. LA COALIZIONE ALLE COMUNALI : F.I. + LEGA + CIVICA RACCOLGLIE 4.039 VOTI – ERGO 883 VOTI IN MENO RISPETTO ALLA SOMMA DEI VOTI ALLE EUROPEE DI FORZA ITALIA E LEGA. SE AVESSIMO SOMMATO LE DUE PERCENTUALI DI FORZA ITALIA E LEGA AVREMMO DOVUTO PRENDERE IL 13,23% ED AVREMMO ELETTO ALMENO UN CONSIGLIERE COMUNALE IN PIU’
3.      HO INSERITO ANCHE I DATI RELATIVI ALLE ELEZIONI POLITICHE DEL 2013 (SI TRATTA DI SOLI 15 MESI FA…..) NELLE QUALI IL PDL (CON NCD) AVEVA RACCOLTO ALLA CAMERA – A CARPI  - 5.297 VOTI PARI AL 12,66% (con dentro l’NCD che alle comunali ha preso il 2%) – pertanto F.I in termini percentuali ha perso il 2,7%).
QUALCUNO PUO’ ECCEPIRE CHE CI SONO STATI 4.500 VOTANTI IN MENO RISPETTO ALLE POLITICHE DEL 2013, MA E’ ALTRETTANTO VERO CHE L’EXPLOIT DEI GRILLINI NON SI E’ VERIFICATO, ANZI 5 STELLE HA PERSO – ANCHE ALLE EUROPEE – DIVERSI VOTI A CARPI.
QUINDI?
Lascio ad ognuno di noi la conclusione, premesso che abbiamo fatto un lavoro egregio e costante tra la gente, abbiamo fatto campagna elettorale a tambur battente sia per Forza Italia come singoli candidati