È una specie di sogno americano in
salsa italiana, anzi berlusconiana quello che sta vivendo Giovanni Toti,
entrato nel 1996 come stagista nello Studio Aperto di Paolo Liguori e
ora ospite fisso nel villone di Arcore. Ospite di rango politico, ormai.
Toti, classe 1968, non è più solo il direttore del Tg4 e del
telegiornale di Italia 1 che Berlusconi consulta per qualche dritta
sulla comunicazione.
È diventato l’occhio esterno al partito impantanato nelle
lotte tribale. Da lui il grande capo di Forza Italia si aspetta
freschezza, un giudizio distaccato dalle contese intestine, il valore
aggiunto del volto nuovo da gettare tra le gambe svelte di Renzi.
Berlusconi pensa che Toti abbia quel «quid» che aveva negato
ad Alfano, ma molti nel partito scommettono che Giovanni non andrà
avanti. «Il Cavaliere è fatto così: ti porta alle stelle e poi ti getta
nella polvere, vedi Alfano», sputano veleno coloro che in questo momento
muoiono di gelosia per questo «parvenu» della politica che sta entrando
nella stanza principale di San Lorenzo in Lucina. Berlusconi lo vuole
coordinatore unico oppure vicepresidente di Forza Italia. Ma dovrà
passare sul cadavere di una nutrita schiera di nemici e sul battagliero
Verdini.
«Ma no - minimizza Toti con gli amici - io e Denis siamo
toscani, insieme ci facciamo grandi risate. Lui è un vero uomo macchina,
si troverà un accordo. Ma è logico che chi prima remava in prima fila,
dovrà remare in seconda, terza o quarta fila. Se tutti rimangono
aggrappati alla zattera e vogliono mettersi a timone, alla fine si va
tutti a fondo. Berlusconi troverà il mix giusto». Linguaggio da
rottamatore gentile. «Bisognerà lavorare di fioretto non di sciabola. È
ovvio, ognuno tende a preservare la propria catena di comando - ragiona
Toti con chi gli sta più vicino - ma Forza Italia deve profumare di
nuovo, deve tornare a essere competitiva».
È quello che sta cercando di fare con difficoltà Berlusconi,
spiazzato dalla carica innovativa di Renzi. La comunicazione è sempre
stata il suo pallino. Nuovi linguaggi politici, stili e modo di stare in
tv. Renzi ormai fa da battistrada. Per il Cavaliere la ribalta di un
personaggio come Toti, che viene da fuori dalla politica, è funzionale a
rimanere a galla e competere. Così il doppio direttore dei tg Mediaset è
sempre presente a Villa San Martino, stimatissimo da Marina e
Confalonieri, un grande feeling con Piersilvio. Ha detto a Berlusconi di
essere pronto al salto nella primissima fila di «Forza Italia veramente
rinnovata, che abbia un profilo moderato, non quello dei falchi».
«Visto, si è già montato la testa», schiumano coloro che già
si vedono nella sala macchina del vapore berlusconiano, sporchi di
grasso e olio. Mentre il giornalista venuto da Viareggio, che non ha mai
militato in un partito, non ha fatto la gavetta nel territorio e si è
intrufolato nel cuore del capo con gli abiti impeccabili e gli orologi
Patek Philippe, starà sul castello di comando. E osa sfidare Verdini e
Renzi.
Renzi, Verdini, Toti: è una sfida interna ed esterna tutta
toscana. Denis e Matteo si parlano e ragionano di legge elettorale
modello spagnolo. A Giovanni, che già si è calato perfettamente nella
partita politica, non piace. Vuole una legge elettorale che favorisca le
alleanze con i Fratelli d’Italia, la Lega e il Nuovo Centrodestra di
Alfano. Con il quale Toti sembra abbia un ottimo rapporto. Verdini, i
falchi e un bel pezzo dei cosiddetti «lealisti» come Fitto, non hanno
intenzione di riaccogliere Alfano. Toti scuote la testa, ricorda che il
Cavaliere è sempre stato il federatore dei moderati. «Non mi interessa
entrare in un partito di testimonianza con il lutto al braccio. Entro
per vincere e ci vuole una grande coalizione di centrodestra».