I CLUB “FORZA SILVIO”, ULTIMA ARMA PER EVITARE IL TERZO POSTO
Sono l’ultima arma per la sopravvivenza. Berlusconi annuncerà a giorni la «missione compiuta» dei 12 mila club “Forza Silvio”. Piccoli, agili, ramificati ovunque, negli uffici ministeriali e nelle asl, nei condomini e nei centri commerciali. Soprattutto tenuti a rispondere — tramite il coordinatore Marcello Fiori — solo a lui. Niente gerarchie, addio comitati di presidenza, zero burocrati forzisti, solo giovani, gente impegnata nel sociale, professionisti e impiegati, molte donne. Macchine sul modello Caf, pronte a trasformarsi in cellule di propaganda elettorale. Ogni club col compito di contattare col porta a porta i 4 mila elettori di cinque sezioni elettorali.
«Nel partito devono capire che dobbiamo rinnovare, come ha fatto Renzi: dobbiamo diffondere il più possibile i club» si raccomandava ancora ieri il leader incontrando a Palazzo Grazioli dirigenti forzisti sempre più spaesati. È una corsa contro il tempo, in vista del 25 maggio, con lo spettro del “terzo polo”. L’ultimo sondaggio targato Swg per il Pd mummifica Forza Italia per la prima volta al 18,8 per cento, sotto la fatidica quota 20, comunque dietro Pd al 35 e M5s al 21. Ecco perché ha deciso di voltare pagina e alla svelta. «A ieri le domande per l’apertura di un club erano 10.849 e altri 279 ci sono arrivate dall’estero, da italiani a Pechino o in Australia, perfino in Vietnam» elenca soddisfatto Marcello Fiori nel suo studio che è il vero quartier generale della sede forzista di Piazza San Lorenzo in Lucina. Piglio manageriale, classe 1960, un passato ai vertici della Protezione civile, al Comune di Roma e all’Acea.
Con Giovanni Toti, è lui il paladino del berlusconismo 2.0, per questo temuto, invidiato e in parte detestato dalla vecchia guardia. «Il presidente ha pensato a un partito leggero, all’americana, i club ne sono espressione — spiega — Come dice lui, saranno Forza Italia tra la gente». Quella prediletta, non quella dei palazzi, ormai in via di «rottamazione ». La chiave, che Berlusconi spera sia vincente come lo furono i club di vent’anni fa, ruota attorno alla solidarietà e all’assistenza. Per tramutare poi l’operazione simpatia in consenso elettorale. «Vogliamo dare radici popolari alla vita politica, solo con gesti concreti potremo recuperare credibilità» ragiona ancora Fiori. Club in tutte le università ma anche in zone di “frontiera” in Val di Susa per i coraggiosi “pro-Tav” piuttosto che a Lampedusa. Ma come funzionano? Chi ne fa parte? E soprattutto, perché in giro, per strada, non se ne vede nemmeno uno? «Ogni club deve essere formato da cinque persone, che dovranno diventare 25 nell’arco di sei mesi — continua il coordinatore — Un presidente affiancato da nove vice, ognuno con la sua competenza specifica. Ora partiranno le convention regionali, per mobilitarli tutti».
Il voto è alle porte. Gli intoppi burocratici sono stati enormi in questi mesi, l’obiettivo 12 mila era dato quasi per raggiunto da Berlusconi già alla convention nazionale dell’8 dicembre a Roma. Invece è successo che molti volenterosi che hanno chiesto di aprirne uno via web hanno scoperto che occorreva registrarsi all’agenzia delle entrate, versare 200 euro e dotarsi di un codice fiscale. L’operazione stava per fallire. Fiori minimizza, dice che quei problemi ora sono superati. «I club sono un’associazione che dopo tre mesi viene affiliata a Forza Italia, devono essere dotati di codice fiscale e per questo occorre depositare gli atti costitutivi all’Agenzia delle entrate. Teniamo alla trasparenza. Ma il club è un’onlus, l’atto va depositato, non può essere obbligatoria la registrazione, l’Agenzia ha chiesto soldi in maniera illegittima fino a poco tempo fa, scoraggiando alcuni. Ora, dopo una serie di chiarimenti, speriamo di aver superato il problema».
E le sedi? «I club nascono nell’era post finanziamento pubblico, non possiamo chiedere ai nostri iscritti di aprirne una e pagare un affitto, si incontrano in un circolo o in parrocchia». Cristian Leccese, 31 anni, lavoratore in coop, ha creato a dicembre il club “Per il bene di Gaeta”. «Con altri ragazzi abbiamo organizzato delle raccolte tramite banco alimentare, affidando poi la distribuzione dei prodotti alla Caritas piuttosto che alle parrocchie — racconta — alle persone, meno si parla di politica, meglio è. Proviamo ad aiutare, poi certo apparteniamo a un partito, ma basso profilo politico». Francesca Crispino ha lavorato per anni nello staff di Berlusconi, oggi giovane madre ha dato vita al club “Mamme per la libertà”. «Siamo una decina, raccogliamo via Fb tutte le segnalazioni delle madri che hanno problemi per il reinserimento nel mondo del lavoro e i riscontri sono trasversali, da destra a sinistra ». Simone Foglia, 35 anni, impiegato di banca, ha aperto un club nell’enclave un tempo rossa della Garbatella a Roma. «Noi una sede l’abbiamo, siamo trenta, forniamo assistenza legale, consulenza fiscale, ma collaboriamo con le parrocchie per iniziative di solidarietà».
E confluisce nella costellazione dei club anche l’Esercito di Silvio di Simone Furlan. «Avevamo raggiunto gli 800 reggimenti, il presidente ci ha chiesto di trasformarli in club, ne sono nati almeno 400» dice l’imprenditore padovano, 38 anni, entrato nell’ufficio di presidenza di Fi. «Restiamo però operativi, sorta di protezione civile per Berlusconi, pronti a intervenire in sua difesa, ci stiamo organizzando per una mobilitazione coi club il 10 aprile o quando il Tribunale di Milano deciderà su di lui: porteremo in piazza una manifestazione pacifica». Basterà tanta mobilitazione per salvare il partito? A sentire berlusconiani della prima ora come Paolo Del Debbio, ieri in radio alla Zanzara, sarà difficile. Voterebbe per Renzi? «Francamente sì. Non per sfiducia in Berlusconi, ma per chi sta intorno a lui — dice il cofondatore forzista e ex conduttore di Quinta colonna sulle reti Mediaset — Non so se magico, ma un cerchio c’è. Magari un cerchietto, ma è quello composto da tutte quelle donne lì. Io non le conosco, non le frequento e la cosa non mi dispiace. Coperta di Linus, gli fanno caldo.